[sociallocker]«Il 21 febbraio è stato individuato il primo caso di COVID-19 a Codogno e il 23 febbraio è stata imposta una quarantena di 14 giorni alla popolazione nella stessa città e in dieci comuni limitrofi – ricordaci Sconfienza, tra gli autori del paper -. Al termine del periodo di quarantena un centro radiologico codognese ha ricevuto un’alta e
anomala richiesta di radiografie al torace da parte della popolazione. Alcuni pazienti sono stati inviati dai medici di base, altri invece si sono presentati spontaneamente per sottoporsi a un controllo, preoccupati dall’evolversi della malattia. Tutti i pazienti provenivano da un ambiente ad alto contagio e a elevato rischio di trasmissione del virus. Il nostro lavoro è stato fare un’analisi retrospettiva delle radiografie al torace eseguite dopo la quarantena su pazienti che mostravano pochi sintomi (temperatura corporea sotto i 37,5 gradi; mal di testa), ma nessun sintomo da Covid-19. Dei 170 pazienti esaminati in una settimana, 100, ovvero circa il
60%, presentavano ai raggi X segni riconducibili ad una polmonite interstiziale bilaterale (per il 54% simmetrico, mentre per il 46% maggiore su un lato). Quello che si è ipotizzato è che anche molti pazienti asintomatici dopo 14 giorni dall’inizio della quarantena potevano essere potenzialmente contagiosi».
Un dato interessante che il professor Sconfienza aveva già avuto modo di rilevare in un precedente focolaio, come lui stesso ricorda: «Ad inizio epidemia c’era stato il caso della nave da crociera
Diamond Princess su cui si era sviluppato un focolaio consistente, e anche in quel caso si era visto che c’erano
molti pazienti asintomatici che presentavano tracce di polmonite dai raggi X senza avere sintomi. Erano stati in un territorio confinato, ed avevano sviluppato un dato simile a quello riscontrato a Codogno».
Tanti asintomatici, una diffusione del Covid già dagli ultimi mesi del 2019 e giovani come vettori del virus: questi i risultati a cui sono giunti i ricercatori di Meleam, società di Bitonto produttrice di test sierologici, che dallo scorso mese di febbraio ha testato 7038 individui suddivisi per fasce di età in tutta Italia, oltre che a San Marino.
Il professor Pasquale Bacco, medico di igiene del lavoro, ci spiega i risultati ottenuti: «
Il virus era presente già lo scorso mese di ottobre e ne abbiamo le prove. Già a inizio marzo, quando ancora si avevano pochi dati sull’epidemia, noi avevamo riscontrato presenza in molti individui di immunoglobuline G, ovvero la memoria immunitaria, un anticorpo che si forma a distanza di tempo, e allora se in quel periodo c’era una concentrazione così elevata (87% dei soggetti presentavano immunoglobuline datate) significava che il virus era stato contratto molto tempo prima».
«Abbiamo parlato con molti medici di Bergamo, Brescia e della Toscana – continua Bacco – ed abbiamo rilevato che già tra settembre, ottobre e novembre ci fossero delle
polmoniti anomale, che allora furono collegate alla legionella, ma al riguardo non si è mai trovata una evidenza scientifica. Si trattava di polmoniti essudative come quelle da coronavirus, che attaccavano perlopiù pazienti anziani con patologie pregresse. Evidentemente il virus di ottobre non era aggressivo come quello di oggi, che si è poi trasformato; allora abbiamo diviso le 7038 persone in classi di età, ed abbiamo riscontrato che la
percentuale di positivi al virus tra i giovanissimi in questi mesi è stata il doppio degli anziani, in ogni regione, quindi è evidente che i giovani uscendo di più si sono ammalati di più, ma al tempo stesso hanno avuto sintomi non gravi o addirittura sono stati asintomatici. Non se ne sono accorti, e hanno veicolato il virus nelle fasce di età più alte».
Fonte:
Sanitainformazione.it[/sociallocker]